martedì 8 ottobre 2013

C’è un po’ di Tafazzi in ognuno di noi

A cosa pensiamo quando ce le tiriamo addosso da soli? Vi è mai capitato di farvi a posteriori questa domanda? Perché è evidente che l’allarme interiore ci stava urlando di fermarci ma lo abbiamo ignorato alla grandissima. Di certo quindi avevamo un altro motivo, probabilmente inconscio, che ci ha spinto a continuare nella nostra direzione autodistruttiva.
L’avete mai notato? In genere tali autogol sono assolutamente inutili, evitabili e irrilevanti se non per l’aspetto dannoso e autolesionista.
Facciamo un esempio.
Parliamo della Barilla (ebbene sì, anche io!) e dell’uscita ‘infelice’ avuta dal pronipote del fondatore durante l’intervista con Cruciani.
Per prima cosa c’è da dire che se ti ritrovi sotto il torchio (anzi, citiamolo: il tritacarne) di Cruciani non puoi sperare di uscirne indenne; magari ti sbuccerai solo le ginocchia, ma un po’ di sangue finirai per versarlo. Secondo, l’uscita era sì infelice ma voluta. Perché la risposta tafazziana è stata la seconda, quando quella vecchia volpe di Beppe ha voluto approfondire una frase che altrimenti sarebbe potuta evaporare tra le pieghe del ponte radio: “senza disturbare gli altri”. Certo è che se Cruciani se la fosse lasciata sfuggire, non sarebbe più stato degno della sua fama.
E così, alla richiesta di spiegazioni, ‘lo sventurato rispose’.
Avrebbe potuto accendere il cervello e svicolare, gettare acqua sul fuoco, recuperare l’amo prima che il pesce (lo squalo) abboccasse (pappandosi tutta la barca). Ma non è stato così. Quasi con una punta di orgoglio, Guido Barilla ha voluto spiegare cosa intendesse per e perché per la sua azienda preferisse la famiglia tradizionale (trascuriamo il concetto di ‘tradizionale’ applicato a un sex simbolo gay che convive con una gallina).
E’ assolutamente inutile che cerchi di spiegare perché il patron di Barilla abbia profondamente torto, non solo per quella che potremmo osare chiamare una legge naturale che da sempre ammette l’omosessualità nel regno animale, ma a fronte delle centinaia di esempi di famiglia che tradizionalmente esistono non solo in Italia e che non corrispondono per niente al Mulino Bianco. In più il tempismo sembra perfetto per farsi del male, considerato lo ‘strappo nel cielo di carta’ che oramai si sta allargando, rivelando quanto la realtà di ‘famiglia’ al giorno d’oggi comprenda le più svariate possibilità, tutte valide, tutte degne (perché solo l’amore è ciò che conta). La società ne sta prendendo coscienza adesso, questo è il momento della rivoluzione gay, adesso le coscienze si stanno svegliando e il mondo occidentale capisce che abbiamo vissuto nell’ipocrisia.
Se Guido Barilla avesse fatto le sue esternazioni trent’anni fa, non si sarebbe sollevato tutto questo polverone. Purtroppo.
Invece lui le ha fatte adesso. Di più: le ha volute fare, ha proprio scientemente deciso di bastonarsi in pubblico. La domanda è: perché?
Ci possono essere molte risposte e credo che siano un po’ tutte valide:
-          Si odia per qualcosa e segretamente vuole punirsi;
-          Odia la sua azienda ma non sa come uscirne e sta cercando di farsi buttare fuori;
-          Vuole sfidare il mondo per mettere alla prova il suo pensiero nel quale crede (ognuno ha diritto di pensarla come vuole, senza disturbare);
-          È un po’ ingenuo e non si è reso conto che oramai la società sta accettando la realtà delle coppie omosessuali;
-          Non sa cosa sia una strategia di marketing;
-          Temporanea infermità mentale.
Tra queste possibilità, mi soffermerei sulla prima, perché credo che sia quella che ci accomuna tutti quando perseveriamo in una cazzata pazzesca: vogliamo punirci. Se veramente concordiamo con la vocina interiore che ci sta dando dei coglioni, perché la ignoriamo? Non vedo altro motivo che l’autolesionismo, un Tafazzi senza conchiglia insomma.
Vogliamo parlare di Crimi? No, dai, no.
E gli esempi illustri sono moltissimi, quindi chissà quanti sono quelli meno illustri.
In quanto bionda posso dire di avere dalla mia il vantaggio che generalmente non mi ricordo a lungo le cose e dunque anche tutte le cavolate che faccio, con la conseguenza di una vita abbastanza serena ma anche una scarsa capacità di imparare dai propri errori e di fatto ripeterne alcuni considerandoli nuovi (che è bellissimo quando rileggi un libro, ma nella vita è un po’ un casino).
Come possiamo salvarci da noi stessi?
È semplice: non possiamo. A meno di cambiare e riuscire a trovare quell’equilibrio interiore di cui parlano i santoni buddisti (ma allora serve la grotta, il digiuno, la meditazione, la povertà, tutte cose estremamente fastidiose). La verità è che non possiamo allontanarci, né smettere di interagire con noi, né escluderci dalle nostre decisioni, né troncare ogni rapporto. Noi siamo dentro di noi; come dice quel pazzo drogato, ma profondissimo, di Stacee Jaxx: “Io ci abito qui dentro”. Bisogna trovare un compromesso.
Per adesso tutto quello che riesco a fare è volermi un po’ più di bene, in modo da ridurre la frequenza delle volte in cui desidero inconsciamente fustigarmi in piazza, e cercare di sbattermene le gonadi se qualche volta me ne esco con esternazioni alla Barilla, seguendo l’insegnamento della più grande saggia mai descritta nella letteratura moderna nazional popolare, che disse la ben nota frase: “Dopotutto, domani è un altro giorno!”.