venerdì 21 giugno 2013

La vita è uno ZOT!

Un lungo silenzio non mi si addice. Chi ha il (dis)piacere di conoscermi sa che non sono il tipo che tace o che scompare senza un perchè, rinunciando a dispensare saggezza ai plebei. Eppure, anche io questa volta ho dovuto cedere andando contro la mia logorroica natura.
La verità è che non puoi davvero fare programmi nella vita, o meglio, tu falli pure ma la realtà può in qualsiasi momento mandare tutto all'aria e costringerti a un nuovo gioco.

Il bello è che non ti annoi mai. Il brutto, che di questi giochi non sai mai le regole, che spesso non esistono. Per questo motivo io cerco sempre di non farmi cogliere impreparata e per quanto possibile mi depilo ogni giorno e porto con me un pettine.

Eppure, si rimane sempre stupiti da quanto incredibili e repentini siano i cambiamenti.

Due settimane fa avevo un'altra vita, ero un'altra persona.
(No tranquilli, non mi sono fatta bruna nè rapata a zero...)
Due settimane fa avevo dei progetti per le vacanze, per lo sport che volevo praticare, per lo svago, che oggi non esistono più e sono stati sostituiti da altri, nello spazio di pochi secondi.

Come diceva Beppe Grillo (ai tempi quando ancora cercava solo di far ridere)? La vita è una tempesta ma prenderla nel culo è un lampo.

Scena: il mio suddetto culo è poggiato sulla sella della mia moto, sono in mezzo alla campagna toscana e sto guidando con alcuni amici verso l'appuntamento al ristorante dove mi attende l'uomo che adoro, insieme a una massa variopinta e pittoresca di altri figuri motorizzati, con cui fare casino fino all'alba per due giorni. Sono felice, indipendente, serena; ho portato anche un vestitino sexy da indossare il sabato sera e intravedo la possibilità di tanta ginnastica da camera sana e appagante.
La strada davanti a me è dritta come un fuso, totalmente sgombra, c'è il sole, piena visibilità e non sto andando a più di sessanta all'ora perchè sono in terza (48 cavalli, va bene?!).

C'è solo un apecar. Un piccolo, lentissimo, insignificante apecar che le moto che mi precedono hanno appena sorpassato.

Sono libera e felice. Apecar. Piena visibilità. Apecar rallenta. Allargo per il sorpasso. Apecar quasi fermo. Sto superando l'apecar. Apecar svolta a sinistra in una azienda agricola.

Non sono in grado di riprodurre la sequenza di improperi che si sono materializzati tra le pieghe del mio cervello, mentre cercavo di voltare anche io a sinistra frenando al meglio su una strada di campagna ai cui lati c'è brecciolino. Ma era da oscar del turpiloquio.
Ci siamo speronati, nell'impatto la moto si è ribaltata e io sono stata scagliata oltre il ciglio della strada passando tra due cipressi decorativi, che avrebbero potuto decorare abbondantemente il mio corpo, se li avessi centrati. Sono atterrata di schiena su un prato.

Sono stata fortunatissima, nella sfiga. Ho rotto solo la mano destra, schiacciato e scorticato due dita, stirato un tendine della gamba, qualche contusione. Abbastanza distrutto la moto.
E da quell'attimo tutto il mio futoro è cambiato (ma sarebbe potuto cambiare molto di più, intendiamoci).

Niente più finesettimana col mio uomo e con motorizzati figuri pittoreschi. Niente ginnastica. Ma anche: un intervento chirurgico, il gesso, la prospettiva di non poter usare la mano destra per mesi (no, non sono mancina, ovviamente). Non posso guidare, non posso scrivere o firmare, non sono autonoma, non riesco nemmeno a tagliarmi la carne nel piatto e non chiedetemi come faccio a depilarmi (attingo al blond power). Non posso andare a lavorare, non posso fare sport, non avrò una mano destra funzionante almeno fino a settembre e se le unghie faranno il piacere di ricrescere, prevedo la prossima passata di smalto dopo Natale. Non vado più in ferie col fidanzato, perchè mi ha improvvisamente mollato per telefono quindici giorni fa senza che da quel nefasto week end ci rivedessimo. Ma sono viva.

In qualche altro universo quantico sono morta o rimasta paralizzata o in coma. Certo, ce ne saranno anche altri in cui quel cazzo di apecar non esiste, o non svolta. Ma io sono in questo qui e con questo devo fare i conti. Devo guarire dalle ferite, interne ed esterne, prendendomi tutto il tempo che serve. Devo accettare il fatto che sono cambiata. Devo farmi aiutare perchè non riesco più a fare tutte le cose che facevo prima e devo ammettere questo nuovo limite trasformandolo in opportunità (di sfruttamento del prossimo).

Sono bionda, posso farcela.

Ovviamente la prima cosa che ho fissato appena uscita dall'ospedale è stata un appuntamento dalla mia parrucchiera!
(il lupo perde un po' di pelo, ma nemmeno l'alone del vizio)