mercoledì 17 luglio 2013

Prospettive grammaticali

“Non hai mai sbagliato se non hai mai preso l’iniziativa”.
Gran frase. Ma che vuol dire esattamente?

Premetto che, come avrete già capito, a me piace spaccare il capello in quattro, fare la punta alle matite, sviscerare lo sviscerabile. E sono un fantastico avvocato del Diavolo, anche se al momento non ho mai riscosso parcella.
Il senso della frase suddetta dovrebbe essere un incitamento a prendere l’iniziativa fregandosene degli errori, perché non sbaglia mai solo chi non agisce (con l’implicito giudizio negativo sul fatto di non aver agito). Dove l’ho letta? Non lo confesserò mai nemmeno sotto tortura ma era sul profilo di una persona che l’aveva scelta come frase che la rappresentasse e che fosse un biglietto da visita d’effetto per gli altri. Ok, magari sotto tortura lo confesserei.

Chi ha già capito l’inghippo?
In verità, scritta in quel modo, la frase significa: prendere l’iniziativa comporta uno sbaglio.
O_O

Tutta questione di prospettive, sottili, bastarde prospettive.
E ce ne sono a migliaia di errori di questo tipo, ovunque. Trovo che i più carini provengano appunto dalle frasi ad effetto delle presentazioni, assomigliano alle scivolate da star sul tappeto rosso. Mi piacciono proprio, forse perché sono un po’ stronza. Ok, molto stronza.
Ma anche sui quotidiani, in quegli articoli che nessuno rilegge, e nelle inserzioni.

Nella mia famiglia è usanza collezionarle.
“Si realizzano lettini per bambini di ottone”
“Si fanno borse con la pelle dei clienti”
“Fallo in penetrazione”
E così via.

Una volta credevo che certe gaffes fossero semplicemente tollerate con tenerezza; adesso capisco che – a parte casi eclatanti come i bambini di ottone – la gente manco le vede. Per esempio: “Ci sono i virus del raffreddore e dell’influenza. Oltre ai virus mortali, ci sono anche virus che generano semplici malesseri”. Capiamo che i virus del raffreddore e dell’influenza sono mortali, giusto? Ditemi che anche voi capite questa cosa! Mentre il senso era l’esatto contrario.

Se Nanni Moretti urlava che le parole sono importanti, io vi dico che anche l’ordine delle parole è importante. E le virgole.

“Ibis, redibis, non morieris in bello” non è la stessa cosa che “Ibis, redibis non, morieris in bello”!
E chi non sa il latino, cazzi suoi, studiate! (Se non lo uso per ‘sti giochini, a che mi è servito sputarci sangue per cinque anni?)

Perché? Cosa spinge il genere umano verso questa accettazione acritica dell’eloquio?
Siamo diventati meno esigenti? Questa generazione se ne frega del senso delle cose? Si è veramente drasticamente abbassato il QI medio? Preferiamo forse non capire o capire solo ciò che vogliamo? Indubbiamente è meno fastidioso non ragionare sul significato reale di una frase, in particolare se poi è involontario. Ma è davvero solo una questione di comodità?

Credo che la vera risposta sia evidente se ci si eleva da questo argomento di basso profilo e si osserva cosa mostruosamente oggi l’italiano medio accetta acriticamente. Altro che l’ordine e il sottile senso delle parole! Da questa prospettiva, ben vengano i bambini in ottone, che non fan nulla di male a parte pesare un’esagerazione.

Se non fossi bionda, mi vergognerei della mia preoccupazione per la deriva del linguaggio e l’indignazione per l’appiattimento culturale. Per fortuna la mia chioma oro mi permette di affrontare ragionamenti futili con pregnante serietà. E incattivircimi pure.

Come un gatto arruffato sotto la pioggia.